Nel luglio 2002 la Frankfurter
Allgemeine Zeitung pubblicava un articolo dal titolo “I talibani di
Roma” con sottotitolo “Saldi di fine stagione. L’Italia sta per
svendere i propri beni culturali”. Si riferiva a un provvedimento
del governo Berlusconi, ministri Urbani e Tremonti, che mirava a fare
cassa attraverso la vendita o la concessione pluriennale a privati
del patrimonio dello Stato. L’articolista concludeva: “Oggi
l’eredità culturale dell’Italia è degradata a mero valore
economico, a una risorsa di cui ci si può disfare a piacimento. Ma
non c’è nulla che dia la misura dello stato di salute della
società quanto il rapporto che essa riesce ad avere coi propri
monumenti e col proprio paesaggio”.
Passano gli anni e i governi
ma non muta l’atteggiamento incurante verso il patrimonio storico,
artistico e ambientale del nostro paese. Nel 2015 l’Agenzia del
Demanio, governo Renzi, ministri Padoan, Franceschini e Pinotti, vara
il Progetto Fari, Torri ed Edifici costieri costieri che “promuove
una forma di turismo sostenibile legata alla cultura del mare,
rispettosa del paesaggio ed in linea con la salvaguardia ambientale”.
Tale progetto, che prenderà il via con un primo blocco di edifici
nel 2016, vuole potenziare l’offerta turistico-culturale attraverso
la rigenerazione e il riuso di siti di interesse storico e
paesaggistico sul litorale procedendo all’affidamento attraverso lo
strumento di “concessione/locazione di valorizzazione”.
Prosegue
così l’affidamento di molti beni dei cittadini, che lo Stato
dovrebbe tutelare come sancisce l’articolo 9 della Costituzione
italiana, a privati che quasi sempre li sviliscono e banalizzano con
usi non rispettosi della storia di questi edifici. Questo processo è
portato avanti in modo frammentato, pochi beni all’anno, per far sì
che l’impatto sull’opinione pubblica sia meno violento.