Pubblichiamo
il documento inviato oggi via pec alla Regione Liguria, al Comune di
Porto Venere, al Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo per la Liguria,
al
Ministero della Difesa Ufficio generale Dismissione Immobili e a
FILSE Spa, cioè ai componenti della Cabina di regia prevista dal
Protocollo di Intesa per la valorizzazione dell’isola Palmaria
Dopo
la pubblicazione degli scenari presentati dallo studio Land vorremmo
ribadire la nostra posizione sul Protocollo di Intesa firmato nel
marzo 2016 dal Comune di Porto Venere, Regione Liguria, Agenzia del
Demanio, Ministero
della Difesa,
per la cessione e riqualificazione di
immobili
presenti sull’isola Palmaria,
e sul percorso
cosiddetto partecipato messo in atto per l’attuazione di questo
Protocollo.
Si
tratta di considerazioni che in parte abbiamo già espresso al Tavolo
Tecnico QUI con documento del 2 luglio 2017 e che qui riprendiamo.
Il
Protocollo di Intesa è fortemente sbilanciato a favore del Ministero
della Difesa e non è uno scambio equo, né tantomeno a costo zero,
per il Comune di Porto Venere. In cambio infatti dell’acquisizione
di edifici fatiscenti e la cui ristrutturazione comporterà una spesa
non indifferente, il Comune si impegna a ristrutturare i beni che
rimangono nella disponibilità del Ministero della Difesa: due
stabilimenti balneari e alcune costruzioni. Oltre al rifacimento di
impianti di acqua, luce e gas, dovrà sistemare gli spogliatoi, le
discese a mare, gli infissi, le pavimentazioni e quant’altro. Il
Protocollo prevede anche la possibilità per lo stabilimento del
Terrizzo di un ampliamento del 20%. Conseguenza? Neppure vendendo
tutti gli immobili acquisiti e alienandoli quindi dal patrimonio
pubblico (in altro scritto ci siamo soffermati sulla definizione
costituzionale di “demanio”) la casse del Comune andranno in
parità. Ma non esiste solo la parità finanziaria, in ogni caso i
cittadini avranno perso beni del loro patrimonio comune.