sabato 26 maggio 2012

Atene delenda est?


Riceviamo dalla nostra amica Sandra Allori questo commento sulla situazione greca che pubblichiamo con piacere
 

Anche chi non è mai stato ad Atene sa che la città è dominata dall’Acropoli.  Se per i  turisti è il monumento simbolo dell’antichità,  per i Greci è qualcosa in più: è  la loro origine, il loro passato. E’ lì da sempre: maestosa, memore, protettiva e rassicurante   dà forza all’ orgoglio nazionale anche nei  momenti difficili della loro storia, come questo.
Giorni fa Barbara Spinelli, su Repubblica, ha concluso il suo articolo dedicato alla crisi economica della Grecia citando dei toccanti versi omerici. In quella preghiera di Aiace mi è sembrato  davvero racchiuso tutto il senso di incertezza ma anche di orgoglio che si respira ultimamente   ad Atene e in tutta la Grecia.
Vivere qui, in questo momento storico, mi pone sicuramente in una posizione particolare. Non coinvolta troppo direttamente perché italiana ed emigrante “privilegiata”, ma al contempo nemmeno distaccata come una turista qualsiasi o
un’ osservatrice frettolosa. 
Non frequento la gente dell’alta borghesia, quella con le belle barche al Pireo o in qualche tranquillo porticciolo di un’ isola,  con la casa a Kifissià o Kolonnaki (i quartieri eleganti di Atene) , quelli insomma non toccati dalla crisi, che continuano ad andare a Roma o Milano per il loro shopping.
Non frequento nemmeno i più poveri, gli emigranti, che mangiano alla Caritas, frugano nei cassonetti, vivono di stenti e devono subire anche la palese ostilità di tanti greci.
Frequento la classe media, direttamente colpita dai drastici provvedimenti anti-crisi: colleghi, amici di amici, vicini di casa. La loro conoscenza, l’ascoltare le loro preoccupazioni crescenti,l’osservare giorno per giorno, mese dopo mese il cambiamento  della città e delle abitudini di vita, ma soprattutto cogliere sui volti e nelle parole delle persone  l’amarezza e la paura,  dà la misura di una società in crisi, in bilico tra un passato di cui sono giustamente fieri ed un presente e, ancor più, un futuro pieno di incognite

La Grecia è il Paese delle contraddizioni: il luminoso cielo azzurro  e l’aria di Atene piena di smog, i superbi resti archeologici e i palazzoni senz’anima, i ragazzi tecnologici e anglofoni  con nonni spesso semi-analfabeti, la patria della filosofia e la filosofia  che viene studiata solo un anno (facoltativo) al liceo, il bisogno di soldi e i negozi chiusi per turno tre pomeriggi a settimana, le proteste partecipate e i cortei contro la politica del governo ma anche un diffuso senso di conservatorismo al momento di andare alle urne….potrei continuare così all’infinito.
Dopo quasi tre anni  ellenici  credo di aver capito che la loro  filosofia di vita,  in cui prevale la qualità del vivere  alla quantità e alla frenesia del produrre per consumare, non possa adeguarsi ai ritmi  di un mercato globalizzato. E in questo li trovo diversi da noi  in quanto la tecnologia e la modernità non li ha allontanati dalle loro profonde tradizioni: il vivere  la vita “sigà-sigà” (piano-piano), i  ritmi calmi, il  saper gustare un caffè  seduti al sole   o un pranzo semplice  in una delle tipiche taverne,  la  caratteristica  convivialità, il saper trasmettere le tradizioni  familiari e nazionali alle giovani  generazioni .
Abbiamo sempre detto  che italiani e greci sono “una faccia una razza”: per alcune cose è vero, per altre assolutamente no.
Oggi siamo accomunati dallo stesso  incerto futuro, dalla disoccupazione giovanile, dal numero dei suicidi crescenti, dalla sfiducia verso la politica e i suoi (soliti)  rappresentanti; comune  è stato il  forte astensionismo dalle urne e il voto di protesta che da noi ha premiato i grillini, qui  Syriza, una sinistra più radicale che vuole ridiscutere le condizioni imposte dalla BCE, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Unione Europea


In vista delle nuove elezioni di metà giugno c’è una  vera e propria campagna mediatica   contro questo partito, spesso accusato   ingiustamente di volere il ritorno alla dracma e l’uscita dall’Europa: i mezzi di comunicazione infondono paure fra i cittadini, sulle conseguenze che ciò potrebbe portare ai  loro risparmi. Naturalmente  dietro a tutto ciò è lecito dubitare che ci sia la regia dei poteri forti rappresentati dalla finanza internazionale.


Invece di vedere  la Grecia  come lo “spauracchio” al quale dobbiamo cercare di non assomigliare o il modello   da evitare,  dovremmo difendere insieme quel concetto di democrazia nato proprio qui e che  qui rischia di perdere il suo significato originario se la nazione sarà privata della sua autonomia politica ed economica.

Nel bellissimo  lessico greco c’è una parola che amo molto: “sinfonò” , che significa essere d’accordo. Ecco, penso che  l’accordo, la sinfonia, in un’Europa che si definisce unita, non possa  limitarsi  solo a pura rendicontazione economica.

Nessun commento:

Posta un commento