Riceviamo dalla nostra amica Sandra Allori questo commento sulla situazione greca che pubblichiamo con piacere
Anche chi non è mai stato ad
Atene sa che la città è dominata dall’Acropoli.
Se per i turisti è il monumento
simbolo dell’antichità, per i Greci è
qualcosa in più: è la loro origine, il
loro passato. E’ lì da sempre: maestosa, memore, protettiva e rassicurante dà forza all’ orgoglio nazionale anche
nei momenti difficili della loro storia,
come questo.
Giorni fa Barbara Spinelli, su
Repubblica, ha concluso il suo articolo dedicato alla crisi economica della
Grecia citando dei toccanti versi omerici. In quella preghiera di Aiace mi è
sembrato davvero racchiuso tutto il
senso di incertezza ma anche di orgoglio che si respira ultimamente ad Atene e in tutta la Grecia.
Vivere qui, in questo momento
storico, mi pone sicuramente in una posizione particolare. Non coinvolta troppo
direttamente perché italiana ed emigrante “privilegiata”, ma al contempo
nemmeno distaccata come una turista qualsiasi o
un’ osservatrice
frettolosa.
Non frequento la gente
dell’alta borghesia, quella con le belle barche al Pireo o in qualche
tranquillo porticciolo di un’ isola, con
la casa a Kifissià o Kolonnaki (i quartieri eleganti di Atene) , quelli insomma
non toccati dalla crisi, che continuano ad andare a Roma o Milano per il loro
shopping.
Non frequento nemmeno i più
poveri, gli emigranti, che mangiano alla Caritas, frugano nei cassonetti,
vivono di stenti e devono subire anche la palese ostilità di tanti greci.
Frequento la classe media,
direttamente colpita dai drastici provvedimenti anti-crisi: colleghi, amici di
amici, vicini di casa. La loro conoscenza, l’ascoltare le loro preoccupazioni
crescenti,l’osservare giorno per giorno, mese dopo mese il cambiamento della città e delle abitudini di vita, ma
soprattutto cogliere sui volti e nelle parole delle persone l’amarezza e la paura, dà la misura di una società in crisi, in
bilico tra un passato di cui sono giustamente fieri ed un presente e, ancor
più, un futuro pieno di incognite
La Grecia è il Paese delle
contraddizioni: il luminoso cielo azzurro e l’aria di Atene piena di smog, i superbi
resti archeologici e i palazzoni senz’anima, i ragazzi tecnologici e
anglofoni con nonni spesso
semi-analfabeti, la patria della filosofia e la filosofia che viene studiata solo un anno (facoltativo)
al liceo, il bisogno di soldi e i negozi chiusi per turno tre pomeriggi a
settimana, le proteste partecipate e i cortei contro la politica del governo ma
anche un diffuso senso di conservatorismo al momento di andare alle
urne….potrei continuare così all’infinito.
Dopo quasi tre anni ellenici
credo di aver capito che la loro
filosofia di vita, in cui prevale
la qualità del vivere alla quantità e
alla frenesia del produrre per consumare, non possa adeguarsi ai ritmi di un mercato globalizzato. E in questo li
trovo diversi da noi in quanto la
tecnologia e la modernità non li ha allontanati dalle loro profonde tradizioni:
il vivere la vita “sigà-sigà”
(piano-piano), i ritmi calmi, il saper gustare un caffè seduti al sole o un pranzo semplice in una delle tipiche taverne, la
caratteristica convivialità, il
saper trasmettere le tradizioni
familiari e nazionali alle giovani
generazioni .
Abbiamo sempre detto che italiani e greci sono “una faccia una
razza”: per alcune cose è vero, per altre assolutamente no.
Oggi siamo accomunati dallo
stesso incerto futuro, dalla
disoccupazione giovanile, dal numero dei suicidi crescenti, dalla sfiducia
verso la politica e i suoi (soliti)
rappresentanti; comune è stato
il forte astensionismo dalle urne e il
voto di protesta che da noi ha premiato i grillini, qui Syriza, una sinistra più radicale che vuole
ridiscutere le condizioni imposte dalla BCE, dal Fondo Monetario Internazionale
e dalla Unione Europea
In vista delle nuove elezioni di
metà giugno c’è una vera e propria
campagna mediatica contro questo
partito, spesso accusato ingiustamente
di volere il ritorno alla dracma e l’uscita dall’Europa: i mezzi di
comunicazione infondono paure fra i cittadini, sulle conseguenze che ciò
potrebbe portare ai loro risparmi.
Naturalmente dietro a tutto ciò è lecito
dubitare che ci sia la regia dei poteri forti rappresentati dalla finanza
internazionale.
Invece di vedere la Grecia
come lo “spauracchio” al quale dobbiamo cercare di non assomigliare o il
modello da evitare, dovremmo difendere insieme quel concetto di
democrazia nato proprio qui e che qui
rischia di perdere il suo significato originario se la nazione sarà privata
della sua autonomia politica ed economica.
Nel bellissimo lessico greco c’è una parola che amo molto:
“sinfonò” , che significa essere d’accordo. Ecco, penso che l’accordo, la sinfonia, in un’Europa che si
definisce unita, non possa limitarsi solo a pura rendicontazione economica.
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