Il Comune di Teulada in Sardegna aveva autorizzato
la società SITAS a costruire a ridosso della spiaggia di Tuerredda
un complesso turistico, hotel e servizi, per circa 190 mila metri
cubi, l'equivalente più o meno di 15 palazzi di 10 piani. La società
ha così acquistato i terreni dove era prevista la costruzione ma non
tutti i proprietari hanno venduto: il pastore Ovidio Marras ha
rifiutato di vendere il suo furriadroxiu (insediamento
agropastorale monofamiliare) di Malfatano, ha respinto offerte
milionarie e ha affrontato poi, appoggiato e sostenuto da Italia
Nostra, un contenzioso giudiziario iniziato con un ricorso al TAR.
Nel febbraio 2012 il Tribunale Amministrativo ha
accolto il ricorso e annullato tutte le autorizzazioni e le delibere
del comune di Teulada con le quali era stato dato il via libera al
progetto immobiliare. La Società e l'Amministrazione Comunale si
sono appellate al Consiglio di Stato che ha riconfermato la sentenza
del TAR con osservazioni e motivazioni estremamente importanti.
La sentenza
La sentenza del Consiglio di Stato, la n. 00036/2014
depositata il 9 gennaio u.s., non solo ha riaffermato il prevalere
del valore del paesaggio sugli interessi economici, ma ha anche
confermato la funzione delle associazioni in difesa del patrimonio
ambientale e culturale.
La nostra Costituzione non
solo riconosce all'art. 18 il diritto di associazione ma anche,
all'art.118, affida alle Amministrazioni territoriali il compito di
favorire le iniziative dei cittadini e introduce il concetto di
“sussidiarietà”. Vengono cioè definiti “beni o valori comuni”
la cui tutela e la cui gestione possono essere affidate alla cura di
organizzazioni di cittadini, i cosiddetti “cittadini attivi”.
Questo principio, laddove è applicato, ha contribuito a migliorare
la capacità delle amministrazioni di assumere decisioni e dare
risposte ai bisogni dei cittadini in modo più efficace e anche
rispettoso della Costituzione.
I cittadini attivi, in quanto
non proprietari bensì custodi dei beni comuni, esercitano nei
confronti di tali beni un diritto di cura fondato non sul proprio
interesse, come nel caso del diritto di proprietà, bensì
sull'interesse generale.
I giudici proseguono definendo
il caso che è stato portato alla loro attenzione come “afferente
alla materia dell'ambiente” e stabiliscono che il bene che si vuole
tutelare “lungi dal costituire un autonomo settore di intervento
dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di
distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni
della vita che nell’ambiente si collocano” (paesaggio, acqua,
aria, suolo); esso è “un bene pubblico che non è suscettibile di
appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario,
multiforme”.
Come conseguenza di questa
definizione e trattandosi di un intervento edificatorio, il Consiglio
di Stato, nel definire in senso giuridico l’urbanistica, precisa
che “ il potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in
relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla
disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai
tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma
che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi
anche finalità economico–sociali della comunità locale (non in
contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di
altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di
rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente
tutelati.. ...”
A proposito dell'urbanistica e
del potere di pianificazione scrivono che “non possono
essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle
potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ….,
ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali
sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed
armonico del medesimo”.
Tale sviluppo, come scrivono i
giudici, deve tenere conto “sia delle potenzialità edificatorie
dei suoli – non in astratto, bensì in relazione alle effettive
esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei
luoghi –, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze
di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti,
sia delle esigenze economico–sociali della comunità radicata sul
territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si
intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro
storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione ‘de futuro’
sulla propria stessa essenza, svolta – per autorappresentazione ed
autodeterminazione – dalla comunità medesima, attraverso le
decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora , attraverso la
partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio”.
La pianificazione urbanistica
“non può non tener conto del
valore ambiente, al fine di
preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità
di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità,
delle attività anche economiche dei medesimi”.
La sentenza riconosce ai
cittadini e alle associazioni il diritto di impugnare “atti che
costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la
localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di
interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per
l’ambiente”.
Conclusioni
Abbiamo preferito riportare
brani di questa sentenza, che è visionabile qui,
anche se questo può aver appesantito in alcune parti il testo, ma ci
sono sembrate affermazioni molto forti e anche in controtendenza
rispetto al diffuso prevalere dell'economia e della finanza
sull'azione politica e alla consueta prevaricazione dell'interesse
di singoli sull'interesse collettivo.
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