Abbiamo letto e apprezzato lo
scritto di Pierpaolo Bracco, pubblicato su Il Secolo XIX l’1
marzo, sull’affidamento all’architetto Kipar dell’incarico di
advisor tecnico per la “redazione di scenari di intervento e
masterplan” nell’ambito del programma di valorizzazione
conseguente alla cessione al Comune di Porto Venere di beni del
Demanio sull’isola Palmaria.
L’ingegner Bracco è stato a
suo tempo tra i fondatori e i più attivi animatori del Comitato per
la Salvaguardia dell’isola Palmaria che dal 2008 cercò di
contrastare la cosiddetta riqualificazione ambientale inventata quale
contorno all’abbattimento dello Scheletrone. Lo scempio di
quell’operazione è ben visibile a chiunque percorra il tratto di
sentiero dal Terrizzo a Punta Beffettuccio, specialmente nel tratto
Punta secca – Beffettuccio.
Come scrive correttamente
Bracco quello realizzato sull’isola non è in realtà il progetto
Kipar, come possiamo facilmente dimostrare con i documenti in nostro
possesso. Quello che oggi vediamo è il prodotto di una serie di
modifiche e varianti apportate al progetto, non si sa a quale scopo
né con quale spesa aggiuntiva. Modifiche che hanno per esempio
portato la larghezza massima del percorso, prevista nel progetto a
140 cm, a 210 cm e hanno realizzato opere di urbanizzazione sotto il
piano di calpestio (piano che ha raccolto anche, come una discarica,
i detriti di risulta della demolizione dello Scheletrone)
Si disse che bisognava fare
opere di urbanizzazione che soddisfacessero le sacrosante, nessuno di
noi lo ha mai negato, necessità degli abitanti. Ma se gli abitanti
dovevano essere i fruitori di queste reti come mai tali opere sono
dirette anche verso una zona abitata solo dalle note caprette? E come
mai, nonostante l’urgenza invocata allora, tutto è ancora non
allacciato e si continua a parlare ancora oggi di necessità di
realizzare infrastrutture?
Al termine dei lavori, nel
2012, l'opera, che aveva comportato l'impiego di denaro pubblico per
un importo superiore ai 2,8 milioni, avrebbe dovuto essere
assoggettata al collaudo, passaggio che avrebbe verificato la
corrispondenza tra il progetto e la sua realizzazione. Questo fu
"evitato" ripartendo la spesa in due tronconi inferiori ai
2 milioni e quindi da non sottoporre a verifica.
Non ci risulta (ma di fronte a
smentita documentata ci scuseremmo con l’interessato) che
l’architetto Kipar abbia preteso, a opera conclusa, una verifica
sul grado di corrispondenza al suo progetto di quanto realizzato. Ci
piacerebbe conoscere il suo pensiero. E ora che ritorna a occuparsi
dell’isola verificherà quanto in suo nome è stato realizzato?
Chiederà garanzie sulla realizzazione del nuovo progetto che si
appresta a consegnare?
Noi cittadini soprattutto
confidiamo di non trovarci, come allora, di fronte a un progetto che
ci verrà magnanimamente illustrato a decisione già presa.
Quello che al momento sappiamo
è che nell’ambito del Protocollo di Intesa per la valorizzazione
dell’isola Palmaria è stata costituita una Cabina
di regia
a guida regionale e un Tavolo
tecnico il
cui coordinamento è affidato al Comune di
Porto
Venere. Al
Tavolo dovrebbero essere portati, tramite un percorso partecipato,
che da comunicazioni avute a suo tempo dall’Amministrazione
Comunale avrebbe dovuto essere già partito, i contributi di
associazioni e singoli cittadini. Vorremmo conoscere i motivi di
questo ritardo e rimaniamo in attesa dell’avvio di questo passaggio
fondamentale e indispensabile alla stesura del masterplan.
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