È
un modello di turismo che ormai invade le strade e le piazze di tutte
le città d’arte in Italia. È un modello che percorre gli stessi
passi del vivere quotidiano fatto di cose consumate in fretta e
abbandonate.
Nelle
Linee programmatiche
di mandato per la legislatura 2013-2018
del sindaco Cozzani, per quanto riguarda il turismo, troviamo
purtroppo le stesse linee di principio. Certo cercando di sostituire
i turisti dei traghetti con quelli delle crociere di alto livello e
quelli che scendono dagli autobus con quelli a cui vendere pacchetti
turistici. Senza dubbio turisti con una maggiore possibilità
economica che quindi acquisterebbero beni di maggior valore, ma il
modello non cambia.
A
questo proposito riportiamo alcuni stralci da un articolo dello
storico dell’arte Tomaso Montanari sul turismo a Venezia, articolo
pubblicato alcuni giorni fa sul “Fatto quotidiano” e che ben si
addice anche a Porto Venere:
“Venezia
non è più una città: i suoi cittadini sono espulsi, giorno dopo
giorno, da un processo (oramai avanzatissimo) di trasformazione in
macro-oggetto di consumo...”
Non
è forse quanto è avvenuto nel comune di Porto Venere con la vendita
della maggior parte delle case nei borghi antichi che ha prodotto la
desertificazione dei paesi e di cui ci si lamenta? I giovani non
hanno più la casa dove sono nati e sono costretti a comperare casa
altrove, oppure si costruiscono per loro e per i residenti espulsi
dal centro nuovi quartieri alla periferia dei paesi sventrando
colline e cementificando terreni.
E
ancora leggiamo “...questo modello non riguarda solo Venezia,
riguarda tutto il Paese. Non si contano i profeti di quella che
Joseph Stiglitz chiama ‘economia di rendita’: l’idea di
sfruttare il ‘petrolio’ (cioè le bellezze del paesaggio e del
patrimonio artistico italiano) per arricchirci senza ricerca, senza
innovazione, senza merito. È proprio come succede nei paesi del
terzo mondo dotati di grandi riserve di materie prime, lo
sfruttamento di queste ultime non crea un ciclo economico virtuoso o
una redistribuzione di ricchezza, ma alimenta monopoli e produce
desertificazione sociale.”
Ed
è per questo che dalle linee programmatiche della nuova
amministrazione ci sarebbe piaciuto che venisse fuori un modello
diverso di sviluppo per il turismo anche perché, e non dobbiamo
dimenticarlo, il territorio di Porto Venere non è fatto solo dal
borgo antico ma è ben più ampio e riguarda anche i borghi delle
Grazie e del Fezzano, borghi che hanno attrattive ora poco
conosciute.
Ci
sarebbe piaciuto immaginare un modello più complessivo che tenesse
conto di tutte le peculiarità che il territorio offre e che non sono
poche. Un modello dove al turista quotidiano
e di passaggio, al quale non si può impedire di venire in traghetto
o su una nave da crociera (per la quale andrà approntato, non si
capisce dove, un nuovo terminal crocieristico che avrà anche
notevoli ripercussioni dal punto di vista dell’impatto ambientale),
possa venire affiancato un turismo di qualità, alternativo al
turismo diffuso dai tour operator dove il luogo da visitare è in
genere presentato come seduttivo e accattivante, semplicemente
oggetto di consumo, con l’unico risultato che il visitatore (perché
di ciò si tratta) non fa altro
che esperire i luoghi in modo immediato e superficiale.
Ci
piacerebbe accogliere anche
un turista che non compri un prodotto definito che offre esperienze
già note, conformi a quelle dei cataloghi di tour operator, ma che
diventi un ospite al quale offrire una pluralità di opportunità di
conoscenza del territorio.
Parliamo
quindi di un turista/ospite che al termine del suo soggiorno porterà
con sé un ricordo personale e non standardizzato. Un turista/ospite
che si arricchisce nella relazione con il territorio e i suoi
abitanti e non un semplice “consumatore di luoghi”.
Attraverso
questo modello di ospitalità si potrebbero creare le condizioni per
offrire possibilità economiche diffuse senza
alterare gli equilibri dell’ambiente e del territorio ma anzi
preservandolo e arricchendolo.
Un
turista/ospite è anche colui che prova affezione per il luogo,
ritorna, invece che sentirsi appagato dalle foto-cartolina da
mostrare a casa ritornerà a esperire emotivamente e culturalmente il
luogo, forse affitterà una casa per un soggiorno più lungo, forse
inviterà altri amici, in ogni caso sentendosi meno sfruttato, dal
punto di vista economico, e più partecipe porterà con sé una
diversa concezione dell’ospitalità e del vivere il luogo che lo
ospita.
Logicamente
per attrarre un turista di questo genere, che è sicuramente più
esigente, non basta il pacchetto del tour operator e non basta il
marketing turistico. Ci vuole una cultura dell’accoglienza
in contrapposizione a
quella dello sfruttamento che ha predominato finora e per la quale il
nostro territorio è stato negli anni trasformato in un oggetto di
consumo, svenduto, banalizzato e privatizzato.
Come
dice ancora Montanari nel suo articolo: “La sfida è che il turismo
non si risolva necessariamente nell’ennesima manifestazione del
consumismo e dell’omologazione universale ma riesca a diventare un
momento di liberazione personale e di incontro sociale. L’alternativa
è tra continuare a coltivare una rendita desertificante e decidersi
a costruire le condizioni per un turismo sostenibile... un turismo di
formazione e non solo di intrattenimento”.
Sempre Tommaso Montanari ci suggerisce in effetti un modello possibile. Quello di Matera. Non a caso anche questa città è Patrimonio Mondiale Unesco, come Porto Venere, ed è inoltre candidata a Capitale europea della cultura nel 2019.
RispondiEliminaNell’articolo qui linkato inoltre ci racconta di un modello alternativo a quello delle grandi città d’arte come Venezia o Firenze dove il “patrimonio artistico è bene di consumo dedicato ai turisti”. Matera al contrario mostra che è possibile pensare e vivere il patrimonio artistico come “strumento di democrazia sostanziale”.
Non è un caso forse se poi a Matera si organizzano anche festival importanti e diversi tra loro come il Festival Internazionale di mongolfiere, che vuole essere un evento a impatto zero a tutto tondo, o il Women’s Fiction Festival,
peraltro con importanti case editrici come sponsor, o il Materadio. Tutti eventi sicuramente in grado di attrarre turisti, e di fargli vivere la città e i suoi paesaggi forse con maggiore attenzione e senso di accoglienza, facendoli sentire partecipi di questo modello diffuso di cultura come cittadinanza.
Francesca
http://buonenotizie.corriere.it/2013/10/16/arte-cultura-e-cittadinanza-il-modello-matera/#more-1890