giovedì 10 ottobre 2013

Quale modello di turismo per Porto Venere?


La natura e la storia hanno fatto di Porto Venere un posto unico e irripetibile, una bellissima cartolina. Ed è quello che i molti turisti, che quotidianamente nella stagione estiva affollano il caruggio e la calata, vedono e si portano a casa come ricordo, oltre a un vasetto di pesto e qualche altro souvenir.
È un modello di turismo che ormai invade le strade e le piazze di tutte le città d’arte in Italia. È un modello che percorre gli stessi passi del vivere quotidiano fatto di cose consumate in fretta e abbandonate.
Nelle Linee programmatiche di mandato per la legislatura 2013-2018 del sindaco Cozzani, per quanto riguarda il turismo, troviamo purtroppo le stesse linee di principio. Certo cercando di sostituire i turisti dei traghetti con quelli delle crociere di alto livello e quelli che scendono dagli autobus con quelli a cui vendere pacchetti turistici. Senza dubbio turisti con una maggiore possibilità economica che quindi acquisterebbero beni di maggior valore, ma il modello non cambia. 


 
A questo proposito riportiamo alcuni stralci da un articolo dello storico dell’arte Tomaso Montanari sul turismo a Venezia, articolo pubblicato alcuni giorni fa sul “Fatto quotidiano” e che ben si addice anche a Porto Venere:
Venezia non è più una città: i suoi cittadini sono espulsi, giorno dopo giorno, da un processo (oramai avanzatissimo) di trasformazione in macro-oggetto di consumo...”
Non è forse quanto è avvenuto nel comune di Porto Venere con la vendita della maggior parte delle case nei borghi antichi che ha prodotto la desertificazione dei paesi e di cui ci si lamenta? I giovani non hanno più la casa dove sono nati e sono costretti a comperare casa altrove, oppure si costruiscono per loro e per i residenti espulsi dal centro nuovi quartieri alla periferia dei paesi sventrando colline e cementificando terreni.
E ancora leggiamo “...questo modello non riguarda solo Venezia, riguarda tutto il Paese. Non si contano i profeti di quella che Joseph Stiglitz chiama ‘economia di rendita’: l’idea di sfruttare il ‘petrolio’ (cioè le bellezze del paesaggio e del patrimonio artistico italiano) per arricchirci senza ricerca, senza innovazione, senza merito. È proprio come succede nei paesi del terzo mondo dotati di grandi riserve di materie prime, lo sfruttamento di queste ultime non crea un ciclo economico virtuoso o una redistribuzione di ricchezza, ma alimenta monopoli e produce desertificazione sociale.”
Ed è per questo che dalle linee programmatiche della nuova amministrazione ci sarebbe piaciuto che venisse fuori un modello diverso di sviluppo per il turismo anche perché, e non dobbiamo dimenticarlo, il territorio di Porto Venere non è fatto solo dal borgo antico ma è ben più ampio e riguarda anche i borghi delle Grazie e del Fezzano, borghi che hanno attrattive ora poco conosciute.
Ci sarebbe piaciuto immaginare un modello più complessivo che tenesse conto di tutte le peculiarità che il territorio offre e che non sono poche. Un modello dove al turista quotidiano e di passaggio, al quale non si può impedire di venire in traghetto o su una nave da crociera (per la quale andrà approntato, non si capisce dove, un nuovo terminal crocieristico che avrà anche notevoli ripercussioni dal punto di vista dell’impatto ambientale), possa venire affiancato un turismo di qualità, alternativo al turismo diffuso dai tour operator dove il luogo da visitare è in genere presentato come seduttivo e accattivante, semplicemente oggetto di consumo, con l’unico risultato che il visitatore (perché di ciò si tratta) non fa altro che esperire i luoghi in modo immediato e superficiale.
Ci piacerebbe accogliere anche un turista che non compri un prodotto definito che offre esperienze già note, conformi a quelle dei cataloghi di tour operator, ma che diventi un ospite al quale offrire una pluralità di opportunità di conoscenza del territorio.
Parliamo quindi di un turista/ospite che al termine del suo soggiorno porterà con sé un ricordo personale e non standardizzato. Un turista/ospite che si arricchisce nella relazione con il territorio e i suoi abitanti e non un semplice “consumatore di luoghi”.
Attraverso questo modello di ospitalità si potrebbero creare le condizioni per offrire possibilità economiche diffuse senza alterare gli equilibri dell’ambiente e del territorio ma anzi preservandolo e arricchendolo.
Un turista/ospite è anche colui che prova affezione per il luogo, ritorna, invece che sentirsi appagato dalle foto-cartolina da mostrare a casa ritornerà a esperire emotivamente e culturalmente il luogo, forse affitterà una casa per un soggiorno più lungo, forse inviterà altri amici, in ogni caso sentendosi meno sfruttato, dal punto di vista economico, e più partecipe porterà con sé una diversa concezione dell’ospitalità e del vivere il luogo che lo ospita.
Logicamente per attrarre un turista di questo genere, che è sicuramente più esigente, non basta il pacchetto del tour operator e non basta il marketing turistico. Ci vuole una cultura dell’accoglienza in contrapposizione a quella dello sfruttamento che ha predominato finora e per la quale il nostro territorio è stato negli anni trasformato in un oggetto di consumo, svenduto, banalizzato e privatizzato.
Come dice ancora Montanari nel suo articolo: “La sfida è che il turismo non si risolva necessariamente nell’ennesima manifestazione del consumismo e dell’omologazione universale ma riesca a diventare un momento di liberazione personale e di incontro sociale. L’alternativa è tra continuare a coltivare una rendita desertificante e decidersi a costruire le condizioni per un turismo sostenibile... un turismo di formazione e non solo di intrattenimento”.

1 commento:

  1. Sempre Tommaso Montanari ci suggerisce in effetti un modello possibile. Quello di Matera. Non a caso anche questa città è Patrimonio Mondiale Unesco, come Porto Venere, ed è inoltre candidata a Capitale europea della cultura nel 2019.
    Nell’articolo qui linkato inoltre ci racconta di un modello alternativo a quello delle grandi città d’arte come Venezia o Firenze dove il “patrimonio artistico è bene di consumo dedicato ai turisti”. Matera al contrario mostra che è possibile pensare e vivere il patrimonio artistico come “strumento di democrazia sostanziale”.
    Non è un caso forse se poi a Matera si organizzano anche festival importanti e diversi tra loro come il Festival Internazionale di mongolfiere, che vuole essere un evento a impatto zero a tutto tondo, o il Women’s Fiction Festival,
    peraltro con importanti case editrici come sponsor, o il Materadio. Tutti eventi sicuramente in grado di attrarre turisti, e di fargli vivere la città e i suoi paesaggi forse con maggiore attenzione e senso di accoglienza, facendoli sentire partecipi di questo modello diffuso di cultura come cittadinanza.
    Francesca
    http://buonenotizie.corriere.it/2013/10/16/arte-cultura-e-cittadinanza-il-modello-matera/#more-1890

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