lunedì 9 ottobre 2017

Una nostra proposta per la gestione dei beni in dismissione sull'isola Palmaria

Il Protocollo d’Intesa per la Valorizzazione dell’isola Palmaria siglato il 14 marzo 2016 tra il Comune di Porto Venere, Ministero della Difesa, Regione Liguria e Agenzia del Demanio prevede di:
- “recuperare alcuni immobili in uso alla Marina Militare che potrebbero essere messi a disposizione del progetto di valorizzazione dell’isola;
- migliorare, anche con interventi di manutenzione straordinaria, alcuni beni che rimangono in uso alla Marina Militare essendo inseriti nel complesso di più generale valorizzazione dell’isola e ancora necessari alle esigenze della Forza Armata;
- contribuire alla valorizzazione dell’isola Palmaria nell’ambito di un progetto pilota che sia fortemente basato sulla presenza storica, culturale e materiale, della Marina Militare;
- favorire il processo di valorizzazione dell’isola Palmaria quale esempio di sviluppo sostenibile di un bene di grande valore storico, culturale, ambientale e paesaggistico.”
L’accordo prevede anche che i beni che rimangono nella disponibilità della Forza Armata “saranno oggetto di interventi di innovazione e di manutenzione straordinaria compresi e finanziati nell’ambito dell’attuazione del programma di valorizzazione dell’isola Palmaria, senza oneri per le Amministrazioni Statali”. (il grassetto è nostro)
A nostro parere l’accordo non solo non è a costo zero (l'Amministrazione Comunale dovrà impegare risorse per gli interventi di cui sopra) ma non porta neppure vantaggi per la comunità, né da un punto di vista economico né socio-ambientale.
Cominciamo con l’esaminare quest’ultimo aspetto.


Secondo la giurisprudenza la proprietà demaniale è proprietà collettiva, cioè è attribuito alla collettività il potere di godere di questi beni in modo duraturo garantendone nel contempo la cura, la tutela e la conservazione per la presente e le future generazioni.
I beni di cui stiamo parlando, quelli sull’isola Palmaria, erano e sono “in uso” al Ministero della Difesa che, pur avendoli a suo tempo acquisiti tramite esproprio e quindi pagati, non ne ha assunto la proprietà ma solo la custodia con tutti gli oneri a questa connessi, primo tra tutti la manutenzione. E’ “curioso” che ci vengano restituiti beni in pessimo stato e che per di più si chieda qualcosa in cambio, come una sorta di pagamento per questi beni che sono sempre stati di proprietà collettiva.
Il Protocollo di Intesa non porta vantaggi alla comunità neppure da un punto di vista economico poiché si prevede la vendita o la concessione in utilizzo di beni demaniali, cioè di beni appartenenti alla collettività, a singoli speculatori. I “beni demaniali”, e tali sono anche territorio e ambiente oltre a tutti quei beni che fanno capo alle Amministrazioni, sono beni “fuori commercio e in proprietà collettiva, e che, pertanto, sono inalienabili, inusocapibili e inespropriabili”. (Paolo Maddalena, Ambiente, bene comune, in Costituzione incompiuta, Torino 2013, pag. 103). Ancora: “La vera tutela dei beni comuni sta nel ritenerli beni fuori commercio, in appartenenza e in uso da parte di tutti”. (Ibid. pag. 130).
La comunità sarà invece privata di beni che le appartengono e dei quali non potrà più usufruire, ricavandone vantaggi economici miseri e di breve durata. Ne uscirà, in poche parole, irrimediabilmente impoverita. “Si direbbe che si è perso di vista il bene comune di tutti i cittadini e tutto si fa per questioni puramente contabili. Quello che interessa è far quadrare il bilancio, che poi ci si disfi di un invidiabile patrimonio culturale e naturale, poco importa”. (Paolo Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani, Roma 2014, p. 143). Si mettono in pratica le teorie che attribuiscono valore a un bene solo se tale valore è quantizzabile, monetizzabile, se contribuisce a “fare cassa”.
Proviamo a rovesciare questa modalità con una proposta, che abbiamo già presentato nel documento inviato al Tavolo Tecnico QUI e che ora ribadiamo.
Palmaria è Parco Naturale e Sito Unesco e sul mantenimento di questo status abbiamo sentito solo voci favorevoli. Facciamo in modo che non rimangano etichette formali ma che diano impulso vero al futuro dell’isola: il Parco assuma la conduzione dei beni in dismissione e, dandosi una connotazione non più indistinguibile dalla macchina comunale, richieda finanziamenti europei per la manutenzione, la ristrutturazione e la gestione di tali beni. Oltre ai finanziamenti il Parco avrebbe introiti finanziari anche dalla gestione degli ormeggi e dei punti vendita di prodotti del territorio nonché dalla concessione del marchio Palmaria che abbiamo proposto nel documento In questo modo ci sarebbero ricadute in termini di lavoro soprattutto per giovani del territorio (ristrutturazioni edilizie, ortocoltura, manutenzione del territorio, attività legate al turismo naturalistico e storico-culturale, ecc.) con l’enorme vantaggio, per noi e per le future generazioni, di mantenere i beni nella proprietà collettiva.
Abbiamo esempi, anche vicino a noi sia in Italia che all’estero, parco di Port-Cros Porquerolles per citarne uno, di come una gestione di questo tipo abbia portato non solo ricadute economiche sul territorio ma anche una maggiore consapevolezza da parte della popolazione del valore culturale e naturale del sito. Perché non ispirarci a queste esperienze già consolidate?

P.S.

Naturalmente conosciamo:

- il D.Lgs n. 66 del 15 marzo 2010 “Codice dell’ordinamento militare”, in particolare il Titolo IV sulla Valorizzazione e dismissione di beni immobili e mobili;
- il D. Lgs n. 85 del 28 maggio 2010 “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’art. 19 della legge 5 maggio 2009 n. 42”, comunemente noto come Federalismo Demaniale;
- la legge 9 agosto 2013 n. 98 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, in particolare l’articolo 56 bis

ma soprattutto conosciamo la Costituzione della Repubblica Italiana

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