lunedì 24 giugno 2019

Isola Palmaria. La contraddizione del Protocollo di Intesa

Il Masterplan per l’isola Palmaria, fatto proprio dalla Cabina di regia il 16 maggio u.s., nasce da un Protocollo di Intesa siglato il 14 marzo 2016 tra il Comune di Porto Venere, il Ministero della Difesa, la Regione Liguria e l’Agenzia del Demanio che prevede, ai primi due punti dell’articolo 2 comma 3, di:
a) recuperare alcuni immobili in uso alla Marina Militare che potrebbero essere messi a disposizione del progetto di valorizzazione dell’isola;
b) migliorare, anche con interventi di manutenzione straordinaria, alcuni beni che rimangono in uso alla Marina Militare essendo inseriti nel complesso di più generale valorizzazione dell’isola e ancora necessari alle esigenze della Forza Armata;”
Al successivo comma 4 è scritto che “costituiscono oggetto degli interventi che saranno previsti nei successivi atti attuativi” i beni indicati ai punti successivi e, in particolare, al punto ii “i beni che rimangono nella disponibilità della Forza Armata e che saranno oggetto di interventi di innovazione e di manutenzione straordinaria compresi e finanziati nell’ambito dell’attuazione del programma di valorizzazione dell’isola Palmaria, senza oneri per le Amministrazioni Statali;” mentre nel punto iii sono indicate “le reti e i beni strumentali (strade e reti tecnologiche)” sempre “senza oneri per le Amministrazioni Statali.
In una prima versione del Protocollo, quella approvata dal C.C. n. 28 del 18 settembre 2015, era scritto “senza oneri per il Ministero della Difesa e per la Marina Militare”. Perché è stata variata questa dicitura? Per comprendere anche il MiBAC che nel frattempo era entrato a far parte della Cabina di Regia? Per comprendere le Amministrazioni Statali Periferiche e quindi anche il Comune? Per ottemperare in questo modo all’articolo 56 bis della legge 98/2013 che prevede il trasferimento a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni di beni immobili demaniali? 



In realtà questo trasferimento di beni immobili dal Ministero della Difesa all’Agenzia del Demanio e infine al Comune di Porto Venere non è affatto non oneroso: l’impegno economico che il Comune si è assunto per la ristrutturazione dei beni che rimangono nella disponibilità della Marina è consistente così come sarà impegnativo intervenire sulle strade e reti tecnologiche. In sostanza la Marina Militare con il Protocollo dice al Comune: “ti trasferisco questi beni perché tu possa venderli e con il ricavato sistemare i beni che rimangono a me”. Nel Masterplan è infatti prevista la vendita/concessione pluriennale di tutti i beni ad esclusione di quelli storico-artistici per i quali è prevista solo la concessione. Per questi beni storico-artistici è prevista una destinazione in parte museale e in parte ricettiva con forti spese di ristrutturazione viste le pessime condizioni in cui versano.
Chiariamo anche quali sono i beni che rimangono alla Marina Militare: non sono beni che hanno a che fare con la sicurezza o la difesa nazionale ma beni che hanno a che fare piuttosto con la conservazione di privilegi. Si tratta infatti di due stabilimenti balneari riservati a dipendenti del Ministero della Difesa, civili e militari, e di abitazioni che, ristrutturate anch’esse a spese del Comune, verranno adibite a residenze estive sempre per dipendenti del Ministero.
Lo stesso Protocollo di Intesa enuncia nelle premesse che il Ministero della Difesa ha in uso sull’isola Palmaria numerosi beni immobili, quindi beni che ha utilizzato e che utilizza ma di cui non può disporre come di una sua proprietà. Beni che appartengono ai cittadini, beni comuni che vanno tutelati e preservati e, come scrive Paolo Maddalena, “la vera tutela dei beni comuni sta nel ritenerli beni fuori commercio, in appartenenza e in uso da parte di tutti”. (Torino 2013) Come sostenuto, infatti, dallo stesso Maddalena e da altri autorevoli costituzionalisti, la proprietà demaniale è proprietà collettiva, cioè è attribuito alla collettività il potere di godere di questi beni in modo duraturo garantendone nel contempo la cura, la tutela e la conservazione per la presente e le future generazioni. Cura, tutela e conservazione di cui avrebbe dovuto farsi carico il Ministero della Difesa nel periodo in cui ha avuto in uso i beni, cosa che invece non è accaduta. Non solo, è la collettività che ora deve farsi carico delle ristrutturazioni e manutenzioni, rinunciando per questo a altri beni che le appartengono.
Gli immobili per i quali è prevista la vendita sono legati alla storia dell’isola, inseriti in un contesto naturalistico e paesaggistico di grande valore, parametri che però non ne alzano di molto il valore commerciale. Sono tutti in pessime condizioni il che, unitamente al fatto che si trovano su un’isola, con i maggiori costi per la ristrutturazione che questo comporta, abbassa il loro valore e quindi i possibili introiti per il Comune che non riuscirà a coprire le spese previste nel Protocollo solo con queste vendite. Tra acquisto e ristrutturazione si tratta di cifre molto alte: il Masterplan prevede un investimento totale tra i 21,40 e i 24,90 milioni di euro suddivisi tra pubblico e privato in questo modo: tra 9,30 e 11,50 milioni di euro per il pubblico e tra 12,10 e 13,40 milioni di euro per il privato. Ricordiamo che è a carico del Comune la ristrutturazione non solo dei beni che rimangono in uso alla Marina Militare ma anche il rifacimento e l’adeguamento delle strade e delle reti tecnologiche.
Il nostro territorio sarà quindi svenduto, ceduto a speculatori immobiliari e i cittadini subiranno una vera e propria espropriazione dei loro diritti collettivi.
In conclusione, il passaggio di questi beni dal Ministero della Difesa al Comune di Porto Venere non è affatto a titolo non oneroso ma avviene dietro pagamento di una onerosissima contropartita che priverà la comunità non solo di beni immobili ma anche di risorse economiche.
Questa è la macroscopica contraddizione del Protocollo di Intesa che si accompagna a una distorta interpretazione del concetto di valorizzazione di cui tratteremo nel prossimo scritto.

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