lunedì 19 ottobre 2020

Parte terza - Il Parco oggi


Nei due post precedenti abbiamo descritto le leggi che hanno portato alla nascita del Parco Naturale Regionale di Porto Venere e i principali strumenti che ne attuano le finalità. Abbiamo messo in luce come alcune decisioni sulla gestione del Parco abbiano creato situazioni di forte debolezza e non abbiano affatto contribuito allo sviluppo e alla tutela del Parco stesso.

Il primo nodo sta proprio nella gestione del Parco di Porto Venere che non è affidata a un Ente dotato di autonomia amministrativa e funzionale e di personalità giuridica di diritto pubblico, come prescriverebbe la legge regionale sulle aree protette, la 12/1995, ma è affidata al Comune. Come abbiamo già scritto solo altri due Parchi in Liguria sono a gestione comunale, Piana Crixia e Bric Tana, e questo perché, essendo i due Parchi nati prima della approvazione della legge quadro nazionale sulle aree protette, sono stati eccezionalmente e provvisoriamente affidati alla gestione diretta da parte dei Comuni. La legge quadro sulle aree protette, la 394 del 1991, stabilisce invece che i Parchi regionali siano gestiti da appositi Enti parco.


E’ solo per una ragione politica che la Regione Liguria ha consentito una deroga alla sua stessa legge sulle aree protette: Porto Venere non voleva entrare nel Parco Nazionale delle 5 terre e, con la scusa di “non aggravare l’apparato burocratico e la spesa pubblica”, ha ottenuto dalla regione Liguria la costituzione di un Parco entro i confini comunali. Ma secondo la legge nazionale sulle Aree protette, la 394/1991, anche per i Parchi regionali deve essere istituito un Ente di Diritto Pubblico che governi autonomamente il territorio del Parco e che si doti di personale specializzato e competente nei suoi organi di gestione (Presidente, Comitato Direttivo, Direttore). In particolare la Legge quadro nazionale indica quale contenuto imprescindibile dello statuto di un’Area Protetta la costituzione della comunità del Parco mentre la Legge quadro regionale stabilisce che nel Consiglio Direttivo dell’Ente di gestione debba essere garantita la presenza di rappresentanti delle associazioni ambientaliste.

Nel Parco di Porto Venere a gestione comunale tutto questo non è rispettato, abbiamo invece la surreale situazione di un responsabile del Parco, che, come consigliere o assessore, fa parte dell’Amministrazione in carica, e che, con l’aiuto di tecnici dipendenti del Comune, redige, fa attuare e revisiona il Piano del Parco e il Piano Socio Economico del Parco che successivamente un Consiglio Comunale, di cui egli stesso fa parte, approverà. Il Parco è così legato e sottoposto agli umori e alla maggiore o minore cultura e sensibilità ambientale degli amministratori “pro tempore”, alla visione del territorio che questi perseguono e, come è apparso evidente nella vicenda Palmaria, a interessi più o meno occulti.

E’ un problema di fondo che vogliamo ancora sottolineare: un’Area Protetta, riconosciuta e dichiarata tale da Leggi nazionali e regionali, che dovrebbe vivere al di sopra e al di fuori dei mutamenti politici, è affidata invece a amministratori pro tempore strettamente legati alle vicende politiche.

Non meno importante è la differenza tra gli obiettivi di un Ente Parco, tra cui “promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico”, e quelli di un Ente Locale che rappresenta gli interessi urbanistici e economici, importanti nella gestione di un’Area Protetta ma non certamente esaustivi. (Marco Grondacci QUIQUI)

Che la visione che ha portato alla nascita del Parco Naturale Regionale di Porto Venere sia stata molto superficiale e demagogica lo stiamo sperimentando da qualche anno. Il Parco è stato progressivamente impoverito ed è oggi in stato di totale abbandono come risulta evidente dai fatti che descriviamo.

Esisteva un Ufficio Parco ospitato nei locali del Comune, locale sempre più disastrato anche a seguito di eventi meteo fino a che è stato ridotto in un angolo della Biblioteca a piano terra del palazzo comunale. In questo ufficio o, meglio, a queste due scrivanie, lavoravano una scienziata ambientale marina e una naturalista botanica. La naturalista botanica, che si occupava della parte terrestre, ha cessato l’incarico con il dicembre 2015 e non è mai stata sostituita. La scienziata ambientale marina ha collaborato ancora fino al settembre 2018 con un incarico per front office - info point dopo di che anche a lei non è stato rinnovato l’incarico e l’ufficio non esiste più se non come attribuzione di competenze a un funzionario dell’Ufficio Tecnico.

Molte attività sono andate così scomparendo sia per la mancanza di personale scientifico sia per decisioni assunte dall’Amministrazione Comunale. Facciamo qualche esempio di attività che non vengono più realizzate dal Parco.

L’isola Palmaria è un passaggio obbligato per molte specie di migratori e per anni l’isola è stata sede di una delle stazioni più importanti d’Italia di inanellamento. Questa attività non si svolge da almeno due anni, da quando è stato chiuso il Centro di Educazione Ambientale che ospitava i ricercatori. Non solo, secondo il Masterplan approvato da Comune e Regione Liguria, il Forte Cavour sulla sommità dell’isola e la Batteria del Semaforo dovrebbero diventare strutture turistico-ricettive, resort di lusso, producendo inquinamento acustico e luminoso che, insieme al progettato taglio del bosco, recherà danno ai migratori (protetti dalla Direttiva Uccelli della Comunità Europea).

Non sono in atto progetti con Università o Enti di ricerca, ad eccezione di uno studio condotto dall’università di Pavia sulle specie tropicali che stanno colonizzando i nostri mari; è iniziato circa tre anni fa e dovrebbe chiudersi a ottobre 2020. Non ci sono altri progetti di ricerca in corso né programmati.


Sempre sull’isola Palmaria è stata chiusa la Torre Umberto I che ospita anche la stanza dei suoni, un ambiente che permette ai visitatori di immergersi nella natura ascoltando, durante la visione di immagini, suoni di animali terrestri e, si progettava, anche marini. C’era infatti un progetto in collaborazione con il NURC, NATO Undersea Research Center, di utilizzare sensori sottomarini per ascoltare i richiami dei cetacei (realizzato da poco a Punta Mesco nel Parco delle Cinque Terre).

La Torre Umberto I è stata sede anche di una importante iniziativa dell’Associazione Dalla parte dei forti. Con visite guidate, in convenzione con il Comune di Porto Venere e il Parco, negli anni 2016 e 2017 l’Associazione ha dimostrato che esiste un pubblico interessato a conoscere e visitare le fortificazioni dell’isola Palmaria e del Golfo della Spezia e ha così mantenuto vivo il valore testimoniale di queste opere. Senza altro investimento al di fuori dell’impegno dei volontari, l’Associazione è riuscita a portare in questi luoghi una media di un centinaio di persone per ogni giorno di apertura (fine settimana da maggio a ottobre) generando così memoria storica e quindi coscienza civile. Nelle loro intenzioni l’attività avrebbe dovuto continuare in collaborazione con il Parco e inserendosi nei suoi programmi di educazione ambientale, ma la convenzione non è stata rinnovata.

Sulla sommità dell’isola è stato creato fin dal 2012 un Percorso botanico finanziato con fondi POR-FESR della Regione Liguria e co-finanziato dal Comune di Porto Venere. Quest’area avrebbe dovuto permettere uno studio diretto delle specie botaniche che caratterizzano la gariga, la macchia e i boschi delle coste mediterranee e, in particolare, di quelle liguri. Questo percorso, o Orto Botanico, è attualmente del tutto abbandonato, soffocato dalle erbe infestanti e mancante delle schede illustrative.

      

Una parte molto importante degli studi, dei progetti e anche dei percorsi didattici riguardava l’Area di Tutela Marina che comprende la parte sud occidentale dell’isola Palmaria, le isole Tino e Tinetto e la prateria di Posidonia presente nel canale che separa Porto Venere dall’isola Palmaria. E’ un’area caratterizzata da ambienti diversi, secche, grotte e pareti rocciose a picco nel mare, ricca di varie specie di gorgonie e arricchita dalla presenza della prateria di Posidonia, molto importante sia per gli organismi che vi vivono sia perché offre una naturale barriera all’erosione delle coste. Proprio per queste sue peculiarità la prateria di Posidonia, inserita all’interno della Direttiva Habitat, è stata compresa nell’ATM in modo da poter creare un sistema di gestione e monitoraggio finalizzato alla tutela e salvaguardia di questo importante habitat. 


L’ATM contiene anche un SIC Marino, suddiviso in 5 subsiti, che nonostante le ridotte dimensioni è di grande importanza a livello ecologico per la presenza di un’elevata biodiversità. Neppure su quest’area sono in corso né progettati studi e ricerche scientifiche.



Una delle principali finalità di qualsiasi Parco è l’educazione ambientale. Per anni il Centro di Educazione Ambientale del Parco, CEA, ha proposto percorsi didattici per le scuole di ogni ordine e grado prevedendo attività didattico-scientifiche con attività sperimentali in itinere per coinvolgere gli studenti e stimolare in loro curiosità, sensibilità e voglia di conoscenza. Era stato creato un indirizzo mail dedicato tramite il quale venivano tenuti i rapporti con gli insegnanti. In questo modo negli anni sono state coinvolte numeroso scolaresche che hanno visitato la stanza dei suoni, il Percorso Botanico, hanno avuto contatti con il gruppo degli inanellatori e hanno soggiornato presso il CEA sull’isola Palmaria. Anche i sentieri del promontorio di Porto Venere sono stati luoghi di visita, di studio, alla ricerca delle specie botaniche endemiche del territorio quali la Centaurea Veneris, detta anche Fiordaliso di Porto Venere. L’attività di educazione ambientale è sospesa da almeno due anni e non ci sono in corso progetti con le scuole.


Nell’ATM veniva proposta una attività di Sea Experience, cioè di snorkeling scientifico, rivolto a bambini tra gli 8 e i 14 anni che potevano immergersi all’interno dell’Area e, con l’aiuto di esperti educatori e biologi del CEA, imparare a conoscere l’ambiente marino e a capire l’importanza della sua tutela e salvaguardia.


Un compito importante cui assolveva l’Ufficio Parco era l’aggiornamento continuo del sito web in cui si pubblicavano notizie relative a progetti in corso, alle collaborazioni con altri Enti, gli eventi con le scuole, notizie sul territorio del Parco nonché le proposte educative. Vi si trovavano anche notizie relative a tutto il territorio di Porto Venere, ad eventi di particolare rilevanza e a accordi stretti dal Comune con partner italiani o stranieri, come per esempio la Carta di partenariato del Santuario Pelagos, un’area che si estende dalla Francia alla Toscana che rappresenta una zona di tutela biologica e che è, come dimostrano i numerosi avvistamenti, un habitat ideale per la riproduzione e l’alimentazione dei mammiferi marini che vivono nel Mediterraneo. Il sito quindi forniva informazioni non solo sulle attività del Parco ma anche su argomenti quali la tutela dei Cetacei, il turismo sostenibile, l'inquinamento e fungeva da vetrina attraverso la quale il Parco veniva conosciuto e apprezzato.

Il sito web ufficiale del Parco riporta come ultimo un articolo del 29 giugno 2018 e poi più nulla.


Il Comune di Porto Venere è venuto meno agli obblighi che la Comunità Europea, il Ministero dell’Ambiente e la Regione Liguria gli avevano affidato: non garantisce la conservazione dell’ambiente naturale, non promuove la conoscenza delle peculiarità naturali, non concorre allo sviluppo sociale e economico della popolazione locale, non fa attività di educazione ambientale, non favorisce, promuove e sviluppa le attività di ricerca. Si sta volontariamente impoverendo il Parco negandone il valore scientifico-didattico e di sviluppo, anche economico, per la comunità locale, riducendolo così a una mera elencazione di divieti e imposizioni presentati agli abitanti come lacci e lacciuoli da cui sarebbe più conveniente liberarsi.


Siamo invece convinti che il Parco non solo debba continuare a esistere ma che, anzi, debba essere potenziato e assumere un ruolo determinante nella gestione dei beni restituiti dalla Marina Militare e dal Demanio alla comunità.


1 commento:

  1. Descrizione equilibrata e purtroppo veritiera in cui mi riconosco anche come insegnante e frequentatrice del parco: dovrebbe essere divulgata ai più per far capire quale bene naturale e quante preziose esperienze andremo a perdere Se al Parco non si rida’ nuova vita, come chiunque e di qualsiasi colore politico può facilmente intuire, quindi appello giustissimo e spero fruttuoso: la difesa della natura dovrebbe accomunare, e in realtà evolute già lo fa, anche i più diversi colori politici tanto alto e universale è lo scopo perseguito Prof serena s

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