martedì 29 giugno 2021

Il Parco Naturale Regionale di Porto Venere. Parte seconda: una sentenza della Corte Costituzionale

 


La Regione Liguria ha sferrato un attacco alle Aree naturali Protette con la legge 3/2019, contestata dal Governo e oggetto di una sentenza della Corte Costituzionale di cui parleremo. Uno degli articoli contestati prevedeva che il Piano del Parco andasse ad integrare la pianificazione territoriale, concetto già presente nella Legge Regionale sulle Aree Strategiche. Secondo questa Legge, la 29/2017 che ha istituito le Aree strategiche (ne abbiamo parlato QUI) e la successiva D.G.R.532/2019, i vari Piani paesaggistici e urbanistici che regolano il territorio devono essere armonizzati con il Masterplan o, meglio, come detto dall’architetto Tomiolo della Regione Liguria, a Porto Venere il 12 giugno 2019 durante la presentazione dello Scenario 5bis, “dobbiamo passare dal Masterplan che giuridicamente non ha una valenza operativa, non ha effetti sul territorio, non determina norme di salvaguardia, non consente l’attuazione di interventi, dovremo passare a far diventare i contenuti del Masterplan contenuti del PUC, contenuti del Piano del Parco, contenuti del Piano Paesaggistico Regionale, cioè gli strumenti che attualmente operano sul territorio”.



Per fare questo sono previste spese specifiche (gli uffici stanno procedendo ad aggiornare i Piani di gestione del Sito Unesco e del SIC ed è in corso la revisione del PUC). Secondo questa visione, in vigore almeno fino alla data della sentenza della Corte Costituzionale, anche il Piano del Parco avrebbe dovuto essere “armonizzato”, come mai non è stato previsto nessuno stanziamento?


La Regione Liguria con la L.R. 3/2019 ha modificato la precedente Legge Regionale del 2009 sul Riordino delle Aree Protette introducendo delle “semplificazioni” sia nelle perimetrazioni delle Aree Protette sia nella loro gestione. Contro questa legge è ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri e la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcuni degli articoli modificati, tra i più significativi. Già con una sentenza del 2011 la Corte Costituzionale aveva sancito che in materia di Aree Protette le Regioni possono legiferare stabilendo livelli maggiori di tutela rispetto a quelli stabiliti dalla Legge quadro sulle Aree Protette, la 394 del 1991.

Uno di questi articoli, che ha attinenza con il nostro caso, l’articolo 10 nella legge del 2019 che sostituisce l’articolo 17 della legge del 2009, al comma 4 prevede che il Piano del Parco vincoli la pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale integrandola e prevalendo su di essa in caso di contrasto. La Corte Costituzionale afferma che il Piano del Parco non si limita a integrare ma sostituisce la pianificazione urbanistica di ogni livello. Secondo la CorteIl meccanismo sostitutivo opera ancora con riguardo ai piani territoriali o urbanistici, assicurando una più diretta, immediata ed efficace affermazione, rispetto alla componente meramente urbanistica, dei profili connessi alla tutela dell'ambiente e coagulati nel piano del parco. Il solo meccanismo di integrazione o prevalenza non solo può ingenerare dubbi interpretativi, ma consente al piano del parco di ritrarsi da sfere valutative di propria pertinenza, grazie all'appoggio offerto dal piano urbanistico. In tal modo, la norma impugnata compromette uno standard uniforme di tutela ambientale, esponendosi alla censura di illegittimità costituzionale”.


Nonostante questa sentenza la Regione ci riprova con la L.R. 32/2020 che all’articolo 30 introduce nuovamente modifiche alla Legge del 1995 sulle Aree Protette: si introduce la Conferenza dei Sindaci, di cui non si capisce la necessità essendoci già la Comunità del Parco, si depotenziano gli Enti Parchi sottraendo loro personale e si fa esplicito riferimento alla volontà di costituire un Ente Parco unico per la Liguria. Ma soprattutto si introduce la norma sulla modifica ai confini delle Aree Protette secondo la quale è la Regione a trasmettere queste modifiche agli Enti Locali che devono esprimersi nel giro di 15 giorni.

Contro questa Legge è cominciata la battaglia delle Associazioni ambientali che, come per quella precedente, ne mettono in evidenza il contrasto con le Leggi nazionali e l’incostituzionalità.


La sentenza già emessa sulla Legge 3/2019 ci conferma che è assolutamente necessario battersi per dare attuazione alle finalità del Parco, per ragioni di tipo ambientale, ecologico, scientifico e culturale in primis, ma anche per potere continuare ad opporsi ai progetti sull’isola Palmaria. Il Masterplan è un documento di indirizzo strategico che precede la pianificazione territoriale e urbanistica. Tolto di mezzo il Piano del Parco la via è spianata.

Quando tutto sarà abbandonato e degradato, i cittadini percepiranno la chiusura definitiva del Parco e l’intervento di privati come migliorativo e addirittura salvifico per l’ambiente.


Soprattutto occorre battersi perché la gestione del Parco di Porto Venere, affidata fin dalla sua nascita al Comune contraddicendo sia la Legge Quadro sulle Aree Protette, la 394 del 1991, sia la Legge Regionale 12 del 1995 che disciplina la gestione delle Aree Protette Regionali, sia invece conforme alle Leggi citate. Da ormai venti anni, dalla L.R. 30/2001 che ha istituito il Parco, non c’è un Ente Parco, non c’è una Comunità del Parco, non ci sono associazioni ambientali inserite nella sua gestione e, come abbiamo visto, non c’è un bilancio separato da quello del Comune. Ma, come scriveva Grondacci, gli obiettivi di un Ente Parco che deve promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico, sono molto diversi da quelli di un Ente Locale che rappresenta gli interessi urbanistici e economici, interessi importanti nella gestione di un’Area Protetta, ma non certamente esaustivi.


Un discorso a sé merita l’area di Tutela Marina della quale esaminiamo per ora solo gli aspetti amministrativi


L’ATM è nata con la legge istitutiva del Parco e comprendeva allora solo il tratto di mare prospiciente le falesie a mare aperto di Palmaria, Tino e Tinetto.

Questa Legge agli articoli 3 e 5 stabilisce che “Per gli aspetti inerenti la gestione del tratto di mare di cui all'articolo 5, l'ente gestore si avvale di una Commissione, con funzioni consultive e propositive, presieduta dal Sindaco, o da un suo delegato, e composta da: a) un rappresentante della Provincia; b) un rappresentante della competente autorità marittima; c) due esperti in materia di tutela dell'ambiente marino nominati, rispettivamente, dalla Regione e dalla Università degli Studi di Genova. Il Comune procede alla nomina dei componenti della Commissione sulla base delle designazioni pervenute, fatta salva l'integrazione con le designazioni successive. La Commissione dura in carica quattro anni e le sue riunioni sono valide con la presenza della maggioranza dei componenti nominati”.

Contestualmente alla presentazione in Regione del Piano del Parco, che sarà approvato con D.C.R. 38 dell’11 ottobre 2007, la Commissione dell’ATM chiede che venga modificata la perimetrazione dell’ATM stessa per includere aree di speciale rilevanza ecologica. Vengono così inseriti il tratto che costeggia l’isola Palmaria, tra Punta Secca e punta Beffettuccio, per la presenza di vaste praterie di posidonia, e tutto il periplo delle isole Tino e Tinetto, non solo le falesie a mare aperto già comprese nell’ATM. Il Parco nel suo complesso, terrestre e marino, assume così la connotazione che ha conservato fino ad oggi.


Di questa commissione non si ha nessuna notizia né di suoi rinnovi.


Il Parco è compreso in un sito Unesco e in tre Siti di Interesse Comunitario, Zone Speciali di Conservazione con Misure di conservazione approvate dalla Regione Liguria con D.G.R 537/2017:


IT1345005 Portovenere-Riomaggiore-San Benedetto

IT1345103 Isole Tino e Tinetto

IT1345104 Isola Palmaria


mentre l’ATM contiene un SIC Marino, IT1345175 Fondali Isole Palmaria, Tino e Tinetto

Questo per ricordare che il territorio del Parco non è solo competenza regionale e neppure solo nazionale ma le sue peculiarità sono riconosciute dalla Comunità Europea e oltre.


Che fare? E’ indispensabile agire per salvare il Parco prima di vederlo ridotto nei suoi confini, se non addirittura cancellato. Occorre appellarci alle Istituzioni, dalla Regione al Governo Italiano fino al Parlamento Europeo, organismi che definendo il territorio Sito di Interesse Comunitario, terrestre e marino, ne hanno riconosciuto l’alto valore ambientale e la ricchezza delle biodiversità presenti.


Intanto ci appelliamo con questo scritto a tutti i cittadini, le Associazioni, i Comitati, chiunque abbia a cuore il futuro del territorio perché si uniscano a noi con suggerimenti e azioni concrete per la salvezza del Parco Naturale Regionale di Porto Venere.

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